Alessandra Lanza, Claudio Colacurcio
L’esenzione temporanea concessa all’Unione Europea dall’amministrazione americana adesso non c’è più: entrano così in vigore le imposte del 25% sull'acciaio e del 10% sull'alluminio.
L’interscambio tra Europa e Stati Uniti ammonta a 700 miliardi di euro ed è il principale flusso bilaterale negli scambi mondiali: la probabile escalation nella guerra dei dazi, scatenata da Trump, si gioca in questa cornice.
E porta, utilizzando la teoria dei giochi, al peggior risultato possibile per entrambi gli attori coinvolti: 7,8 miliardi di minori esportazioni per gli States, 4,4 miliardi per il Vecchio Continente nel caso reagisca e si protegga a sua volta. Nello scenario, improbabile, di una non risposta alle tariffe da parte di Bruxelles il danno economico ammonterebbe invece a 2,1 miliardi per l’Ue.
Nel 2017 per gli Usa
l’import di acciaio e alluminio valeva 43 miliardi, più del doppio di quanto
esportato. Ma quale può essere l’effetto
per l’Italia? Per ora limitato: per i 71 “codici prodotto” convolti dalle
tariffe di Trump si parla di 500 milioni:
l’1,2% dell’export italiano verso gli Stati Uniti. Tenendo conto che il nostro
paese esporta anche nicchie di prodotto
difficilmente sostituibili, la perdita si ridurrebbe in realtà a 200 milioni.
A preoccupare, tuttavia,
non è tanto l’effetto di questa prima mossa, ma quello che può innescare. Se
l’Europa, come annunciato, risponderà a sua volta con dei dazi – su prodotti
evocativi come jeans, motociclette, cosmetici – Washington è pronta ad andare
oltre, ad esempio tassando le auto (27
miliardi le esportazioni Ue verso gli Usa, di cui 3 miliardi dall’Italia), in una
spirale negativa per tutti i paesi coinvolti.